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Caffè

Si dice che la diffusione del caffè in Europa abbia frenato l’alcolismo, perché la bevanda è riuscita a sostituire le bevande alcoliche negli incontri importanti.
E’ indubbio che il caffè ha avuto un successo molto rapido e capillare. La parola caffè viene dall’arabo qahwa, attraverso il turco kahve.
La bevanda si diffonde all’inizio in medioriente, nel XV secolo, e poi in Europa nei due secoli successivi. Verso la fine del ‘600 nelle più importanti città nascono dei locali, chiamati appunto caffè, dove è possibile bere questa bevanda e dove si riuniscono gli intellettuali.

Il caffè può essere preparato in vari modi, come tutti sappiamo. In Italia però ne sono diffusi soprattutto due:
– caffè espresso, che nasce dal passaggio dell’acqua sotto pressione attraverso uno strato di caffè macinato finemente e pressato. L’acqua, sotto pressione, non raggiunge la temperatura di ebollizione;
– caffè della moka, che nasce nella caffettiera e si produce attraverso il passaggio dell’acqua che, raggiunto il punto di ebollizione, passa attraverso il caffè ed esce. Il caffè non deve essere troppo pressato, o troppo fine, per evitare che si bruci prima che l’acqua riesca a passare.

Il caffè espresso nasce a Torino, nel 1884, con l’invenzione della macchina per farlo. La macchina per l’espresso è stata inventata da Angelo Moriondo. Il brevetto viene poi acquistato da un milanese, Desiderio Pavoni, che la riproduce in serie.

Il caffè della moka nasce con questa particolare caffettiera ideata da Alfonso Bialetti nel 1933. Questo prodotto di design industriale è oggi presente anche nel museo del design di Milano e al MoMa di New York.
Questa caffettiera è composta da 4 parti in alluminio o acciaio e, nella sua forma originale, è ottagonale. Il nome è quello della città di Mokha, nello Yemen, dove si trovava la qualità migliore di caffè.

Ma il caffè conosce molte varianti, quella più famosa è il cappuccino. Il cappuccino prende il nome dal colore marrone dell’abito dei frati cappuccini. La bevanda come la conosciamo oggi nasce con il brevetto per la macchina per il cappuccino di Luigi Bezzera, nel 1901.

Qui di seguito le altre bevande al caffè diffuse in Italia:

Come si prepara un buon caffè?

Quando si compra una moka è importante non bere subito il primo caffè ma farne almeno due-tre, da buttar via, per fare in modo che la caffettiera perda il sapore metallico e prenda quello della bevanda.
L’acqua va inserita nella base fino a dove comincia il contenitore per il caffè, se è di più va tolta. Il caffè deve avere una macinatura per moka e deve essere inserito nel contenitore fino a riempirlo e senza essere pressato.

La caffettiera va chiusa in modo stretto e va messa sul fuoco con una fiamma medio-bassa, in questo modo l’acqua salirà piano e il caffè avrà un gusto più forte.
Sulla fiamma l’acqua si riscalda e questa pressione la spinge a salire verso il caffè e, attraversandolo, esce aromatizzata con la gustosa bevanda. Appena il caffè finisce di uscire va tolto subito dal fuoco per evitare che bolla.
La moka non va mai lavata con il sapone ma solo con l’acqua e i fondi del caffè possono essere usati anche come concime per le piante o per togliere i cattivi odori nel lavabo.

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Bidet

Bidet

Molti pensano che agli italiani che viaggiano all’estero manchino la pasta e la pizza autentiche. In realtà ciò di cui sentono maggiormente la mancanza è il bidet (pronunciato bidé), strumento da bagno non presente in tutti i paesi del mondo. A sua volta il bidet crea qualche perplessità tra chi arriva in Italia e non ne conosce l’uso. Vediamo di che si tratta.

Nato in Francia nel XVIII secolo, il bidet è stato introdotto in Italia dalla famiglia reale di Napoli, per poi diventare di uso comune nel XX secolo. Oggi nessuna casa italiana ne è sprovvista e nessun italiano accetterebbe un bagno senza bidet.
Serve come strumento per l’igiene delle parti intime dopo l’uso della carta igienica (e non in sostituzione, come alcuni pensano!) e, soprattutto, non è un’alternativa alla doccia, ma ne è complemento. Ci sono momenti della giornata in cui non è possibile fare la doccia e, se occorre andare in bagno proprio in quei momenti, è necessario lavarsi, non essendo sufficiente la carta igienica a garantire piena pulizia.

Per le donne, inoltre, che necessitano di ulteriori attenzioni all’igiene intima in certi giorni di ogni mese, il bidet è molto prezioso (non ci si può certo fare la doccia diverse volte al giorno).

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Bel Paese

L’espressione Bel Paese nasce dai versi dei due più importanti poeti italiani. Dante Alighieri (XIII-XIV secolo), nell’Inferno, parla di “bel paese là dove ‘l sì sona”, con riferimento alla lingua italiana (la cosiddetta “lingua del sì”, contrapposta alla “langue d’oc” e alla “langue d’oïl”), mentre Francesco Petrarca (XIV secolo) cita l’unità territoriale nel suo Canzoniere: “il bel paese / Ch’Appennin parte e ‘l mar circonda e l’Alpe”. Due testi che si richiamano a un’unità italiana con oltre 500 anni d’anticipo rispetto al processo politico del Risorgimento (1861).

Nel 1876 l’abate Antonio Stoppani scrive Il Bel Paese. Conversazioni sulle bellezze naturali, la geologia e la geografia fisica d’Italia, un libro che diventa presto un best seller e che aiuta gli italiani del nuovo stato unitario a conoscere meglio il proprio paese.

Nel 1906 Egidio Galbani decide di mettere in vendita un formaggio che faccia concorrenza ai formaggi francesi, all’epoca più noti. Lo chiama Bel Paese e sulla confezione mette l’immagine dell’abate Stoppani, al cui libro si è ispirato.

Oggi Bel Paese è l’espressione con cui comunemente è conosciuta l’Italia.

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Spritz

Chiunque sia stato in Italia sa che per l’aperitivo è possibile ordinare uno spritz. Nonostante il nome, lo spritz è un cocktail italiano e viene dal Veneto, ed è oggi diffuso in quasi tutta Italia e anche all’estero.
Si dice che lo spritz sia nato vedendo i soldati dell’impero austriaco che mischiavano il vino, per loro troppo alcolico, con acqua frizzante. Il vino così allungato viene ancora chiamato vino spruzzato in alcuni punti del nord Italia ed essendo spritzen la parola tedesco per spruzzare, questo spiegherebbe l’origine del nome.

Nella ricetta originaria lo spritz prevede:
– 1/3 di vino bianco frizzante
. 1/3 di amaro
. 1/3 di acqua frizzante

Ma è stata la Aperol, la società dell’omonimo amaro, a investire negli anni cinquanta molto in pubblicità e a stabilire la nuova ricetta:
– 6 cl Prosecco
– 4 cl Aperol
– una spruzzata di soda o acqua frizzante

Da servire in un calice magari con una fetta di arancia. Cin cin!

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Aperitivo

L’aperitivo si fa quando ci si riunisce prima di cena per bere qualcosa di analcolico o poco alcolico. Generalmente l’orario è dalle 18.00 alle 19.30, ma cambia in base alle regioni italiane. Le bevande più diffuse sono: vino, Campari, Spritz, Martini o birra. Mentre si beve, durante l’aperitivo, si mangiano anche stuzzichini, cioè cibo veloce e leggero, come patatine, tramezzini, pizzette o piatti a buffet.

L’aperitivo esisteva anche nell’ ‘800 e serviva ad aumentare l’appetito prima della cena, poi, con la nascita del Martini, aveva conosciuto una nuova fortuna specialmente grazie ai lavoratori che facevano l’aperitivo subito dopo il lavoro.
Oggi è diventato una moda soprattutto tra i giovani; proprio per questo sono stati aperti dei locali in zone molto raffinate e così fare l’aperitivo, o “fare l’ape”, è diventato anche uno status symbol.

Comprensione del testo

  1. Quando si svolge generalmente l’aperitivo in Italia?
    a) Dalle 12:00 alle 13:30
    b) Dalle 18:00 alle 19:30
    c) Dalle 21:00 alle 22:30
    d) Dalle 15:00 alle 16:30
  2. Quali sono alcuni esempi di bevande comunemente consumate durante l’aperitivo in Italia?
    a) Tè, succo di frutta, latte
    b) Vino, Campari, Spritz, Martini, birra
    c) Caffè, acqua, succo di frutta
    d) Latte, caffè, tè
  3. Qual era l’obiettivo originale dell’aperitivo nel ‘800?
    a) Aumentare l’appetito prima della cena
    b) Celebrare un evento speciale
    c) Fornire un’occasione per la socializzazione serale
    d) Fornire un momento di relax dopo il lavoro

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Ambaradam

A volte la cultura popolare precede quella accademica. Non da molti anni c’è piena coscienza (e ci sono studi documentati e approfonditi) dei crimini dei militari italiani in Etiopia, nel corso della guerra fascista del 1935-1936, occasione in cui furono sperimentate e utilizzate armi chimiche contro anche la popolazione civile: se la classe politica democratica ha preferito non aprire quella tragica pagina della storia italiana, gli studiosi hanno dovuto aspettare l’apertura degli archivi per poter fare luce.

Una delle battaglie decisive di quella guerra fu nel febbraio 1936 sul massiccio dell’Amba Aradam: l’esercito italiano vinse con molte perdite (800 militari) dopo dieci giorni di conflitto, ma i morti etiopi furono ancor di più: almeno 20 mila, tra militari e civili. A causare la strage furono i gas tossici, utilizzati non solo per vincere sul campo, ma anche per indurre gli etiopi a non ribellarsi all’esercito occupante all’indomani della fine del conflitto.

Tornati in patria, i militari italiani cominciarono a utilizzare l’espressione «come ad Amba Aradam» per indicare una situazione caotica. L’espressione ha avuto successo e col tempo, complice una pronuncia che risulta buffa alle orecchie di un italiano, la parola «ambaradam» si è trasformata in «caos divertente». Resta la curiosa storia di una parola che rimanda a una tragica vicenda, i cui confini si sono potuti spiegare soltanto molto tempo dopo.

Comprensione del testo

  1. In che periodo storico si sono verificati i crimini dei militari italiani in Etiopia menzionati nel testo?
    a) Prima guerra mondiale
    b) Seconda guerra mondiale
    c) Guerra fredda
    d) Guerra fascista del 1935-1936
  2. Qual è il significato contemporaneo dell’espressione “come ad Amba Aradam” o “ambaradam” in italiano?
    a) Un atto di ribellione
    b) Un periodo di grande prosperità
    c) Una situazione caotica o caos divertente
    d) Un rito tradizionale
  3. Quale fu la principale causa del numero elevato di morti etiopi durante la battaglia sul massiccio dell’Amba Aradam nel 1936?
    a) La fame
    b) Le malattie
    c) Il freddo
    d) L’uso di gas tossici

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Amarcord

“Amarcord”, nel suo contesto contemporaneo, è una parola radicata nel tessuto linguistico italiano che evoca una sensazione nostalgica, un lamento malinconico per momenti ormai svaniti nel tempo. Il termine viene impiegato per descrivere l’atto di riflettere su passati ricordi con un senso di dolce tristezza, una rievocazione di un tempo che non è più, ma che rimane ancora vivo nell’animo.

Tuttavia, le sue radici si immergono profondamente nel cuore del dialetto romagnolo, in particolare, l’espressione “a m’arcord”, che tradotto letteralmente significa “io mi ricordo”. L’originale connotazione del termine rimane ancorata all’atto di ricordare, ma nel suo viaggio dalla Romagna alla lingua nazionale, ha acquisito una sfumatura emotiva più ampia e intensa.

La transizione di “amarcord” nel mainstream linguistico italiano è attribuibile all’omonimo capolavoro cinematografico di Federico Fellini del 1973. L’opera filmica di Fellini, ambientata a Rimini, in un pittoresco borgo della costa adriatica durante gli anni ’30, non è solo un affresco della vita quotidiana di quel periodo, ma è anche un ritratto amoroso e nostalgico della città natale del regista.

Fellini utilizza “Amarcord” come un viaggio sentimentale, trasportando lo spettatore attraverso le strade di Rimini, tra i suoi personaggi pittoreschi, in una serie di episodi semi-autobiografici che svelano il microcosmo sociale e culturale dell’epoca. È attraverso questa cornice affettiva che Fellini invita lo spettatore a condividere la sua nostalgica reminiscenza, regalando al termine “amarcord” un’identità nazionale e una profondità emotiva unica. La parola “amarcord” diventa quindi non solo il titolo di un film, ma anche un simbolo di un’intera generazione e di un modo di vedere il passato attraverso lenti affettive e nostalgiche.

Comprensione del testo

  1. Cosa significa “Amarcord” nel contesto contemporaneo della lingua italiana?
    a) Un viaggio
    b) Un film
    c) Un lamento malinconico per momenti passati
    d) Una danza tradizionale
  2. Da dove proviene l’espressione “Amarcord”?
    a) Dalla lingua francese
    b) Dal dialetto romagnolo
    c) Dalla lingua inglese
    d) Dal dialetto siciliano
  3. Perché “Amarcord” è diventato popolare in tutta Italia?
    a) Perché è il nome di un famoso piatto della cucina italiana
    b) Perché è il titolo di un libro molto famoso
    c) Perché è il titolo di un film di Federico Fellini
    d) Perché è il nome di una famosa canzone

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Accise

Uno dei motivi per cui agli italiani non piace molto fare le guerre è che poi le pagano nei diversi decenni successivi. Infatti, il metodo più “facile” per raccogliere soldi utili a finanziare una guerra è l’aumento delle accise, che sono tasse dirette su un singolo prodotto di consumo, in particolare le accise sulla benzina. Tasse che poi non vengono più tolte quando la motivazione cessa di esistere: gli italiani stanno infatti ancora pagando la guerra d’Etiopia del 1935-36. L’altra idea dei governi è l’utilizzo delle accise per risolvere i danni e i problemi che nascono dalle tragedie nazionali, così che risulti impossibile lamentarsi dell’aumento delle tasse senza sembrare cinici cuori di pietra: che cosa sono infatti pochi centesimi di aumento di fronte alle sofferenze dei connazionali colpiti da un terremoto? Ecco le motivazioni dell’introduzione delle principali accise che ancora oggi si pagano su ogni litro di benzina:

1935Guerra d’Etiopia€ 0,001
1956Crisi di Suez€ 0,007
1963Tragedia del Vajont€ 0,005
1966Alluvione di Firenze€ 0,005
1968Terremoto nel Belice€ 0,005
1976Terremoto nel Friuli€ 0,051
1980Terremoto in Irpinia€ 0,039
1983Missione di pace in Libano€ 0,106
1996Missione di pace in Bosnia€ 0,011
2011Emergenza Libia€ 0,040
2011Alluvione in Toscana e Liguria€ 0,0089

Comprensione del testo

  1. Cosa sono le accise a cui si fa riferimento nel testo?
    a) Tasse dirette sui redditi delle persone
    b) Tasse sulle merci importate
    c) Tasse dirette su un singolo prodotto di consumo
    d) Tasse sulle proprietà immobiliari
  2. Qual è uno dei motivi per cui i governi utilizzano le accise?
    a) Per finanziare programmi sociali
    b) Per stimolare l’economia
    c) Per risolvere danni e problemi causati da tragedie nazionali
    d) Per aumentare il benessere della popolazione
  3. Perché gli italiani continuano a pagare la guerra d’Etiopia del 1935-36?
    a) Perché la guerra non è ancora finita
    b) Perché sono patriottici e vogliono contribuire al bene del Paese
    c) Perché il governo continua ad aumentare le tasse
    d) Perché le accise sulla benzina imposte all’epoca non sono state rimosse

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